RESTARE NELLA SPERANZA XIX GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI
Il 24 marzo - giorno dell’assassino di monsignor Oscar
Arnulfo Romero, in Salvador, nel 1980 - la Chiesa Italiana celebra la giornata
di preghiera e digiuno facendo memoria dei missionari martiri e di quanti ogni
anno sono stati uccisi solo perché incatenati a Cristo. La ferialità della loro
fede fa di questi testimoni delle persone a noi vicine, modelli accessibili,
facilmente imitabili.
Don Gianni, Direttore Nazionale della Fondazione Missio fa
una riflessione sul tema della XIX Giornata:RESTARE NELLA SPERANZA.
Il tema della speranza è stato rivisitato spesso nell’ultimo
decennio con esplicito riferimento al nostro continente europeo: lo si è fatto
per segnalare che la speranza sembra lasciare i nostri paesi e le nostre città,
che i giovani rischiano sempre più di consegnarsi all’“attimo fuggente” privo
di futuro, che le stesse comunità cristiane si ripiegano al loro interno senza
annunciare più il futuro di Dio, che solo può illuminare il presente.
Arruolare i martiri sotto il segno della speranza è certamente
un’impresa ardita: il martire è per definizione colui che vede interrotta in
maniera brusca una parabola di vita, spesso un’esistenza densa di sapienza, di
amore, di dono di sé. Il martire in ogni caso porta con sé uno scandalo, come
una prova fatale che Dio propone a lui, ai suoi amici, alla comunità che
assiste attonita alla sua eliminazione. Se è un missionario pare che la
missione stessa si blocchi.
Il martire tuttavia non resiste solo nella memoria commossa
di chi lo ha conosciuto o nel ricordo dei suoi gesti e insegnamenti: il martire
resiste in Cristo . In tal modo diventa segno e fonte di speranza: non ci
istruisce tanto la sua morte, ma la vita che prima ha vissuto in nome e per
conto del Vangelo e ora la vita che sperimenta nel suo compimento, cioè nella
relazione salda e definitiva con Gesù, il Crocifisso Risorto.
Questo sguardo – che i teologi qualificano come
“escatologico” – non isola il martire, ma lo restituisce ai suoi amici, a chi
lo ha conosciuto, a chi ne sente parlare. Non solo il suo passato, ma anche il
suo presente è giudizio sul nostro cammino di Chiesa e di missione, è sostegno
nelle difficoltà, è regola di vita su ciò che i cristiani devono fare o
evitare. Nello scandalo dell’apparente assenza, il martire diventa fondatore di
nuove speranze, sorgente di fiducia, messaggio che supera il tempo e lo spazio,
Parola preziosa per rinnovare la Missione.
don Gianni Cesena
Direttore Nazionale Fondazione Missio
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