In questi giorni abbiamo parlato varie volte di Gesù, della sua storicità
o meno e in tanti, per "convincermi" del fatto che Gesù sia realmente
esistito mi avevano portato come "testimonianza" la Sindone. Così,
quando oggi ho trovato quest'articolo su Zenit.org mi sembrava
"doveroso" farvelo conoscere.
Esperti dell'ENEA indagano sulla potente radiazione
che ha colorato il telo sindonico
di Maria Chiara Petrosillo
ROMA, giovedì, 19 aprile 2012 (ZENIT.org).- Il Dott. Paolo Di Lazzaro,
dirigente di Ricerca presso l’Enea di Frascati, ha tenuto oggi nell’aula magna
dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum la conferenza su “Ipotesi
scientifiche sulla formazione dell’immagine della Sindone”. [...] Il dott. Di
Lazzaro fa parte di un gruppo di ricerca dell’Enea guidato dal dr. Giuseppe
Baldacchini, che è riuscito a realizzare immagini con "bruciature"
esterne delle fibrille superficiali del tessuto molto simili a quelle del telo
della Sindone. [...]
Per cercare di comprendere quali altri elementi scientifici si vanno ad
aggiungere al mistero della Sindone ZENIT ha intervistato il dott. Di Lazzaro.
Da dove è nata l’idea di studiare l’immagine sindonica?
L’idea è nata in modo fortuito. Nel 2005 il Dr. Giuseppe Baldacchini,
guardando su internet alcune fotografie al microscopio del tessuto sindonico
effettuate dallo Shroud of Turin Research Project (STURP), ha osservato che
alcuni aspetti microscopici delle fibrille di immagine mostravano una
similitudine con i risultati di irraggiamento laser di tessuti naturali
effettuati dal mio Laboratorio alla fine degli anni ’90 nell’ambito di un
progetto industriale di nobilitazione di tessuti per abbigliamento. Essendo
completamente ignoranti riguardo l’argomento “Sindone” abbiamo chiesto un
parere ad alcuni sindonologi italiani, i quali confermarono che la somiglianza
meritava un approfondimento e una verifica. Così insieme ad alcuni colleghi
ENEA e dell’Università di Padova abbiamo cominciato da una parte a studiare le
caratteristiche fisiche e chimiche dell’immagine sindonica, e dall’altra a
irraggiare tessuti di lino per trovare i parametri laser adatti ad ottenere una
colorazione simil-sindonica.
Nel corso della ricerca quali sono state le vostre valutazioni?
Nella nostra trentennale carriera scientifica abbiamo acquisito una
notevole esperienza sui meccanismi di interazione della luce con diversi
materiali: metalli, ceramiche, sostanze vetrose, gomme, semiconduttori,
isolanti, tessili. Eppure, non ci era mai capitato di trovare un processo così
critico e di difficile gestione come la colorazione superficiale e
simil-sindonica di tessuti di lino indotta da luce laser. Di fatto, la
colorazione simil-sindonica si può ottenere solo in un ristrettissimo
intervallo di valori di durata temporale (miliardesimi di secondo), intensità
(migliaia di megawatt per centimetro quadro) e successione di impulsi laser. E’
sufficiente variare di poco uno solo dei valori “giusti” per non ottenere più
la colorazione con caratteristiche simili a quella dell’immagine sindonica. Dal
punto di vista dell’interazione luce-materia, si tratta di un “unicum” e questo
fatto ci ha sorpreso.
Perché l’ipotesi radiativa? Cosa significa?
Per spiegarlo è necessario partire da alcune osservazioni. L’immagine
sindonica è ben proporzionata e sono assenti le immagini laterali dei fianchi.
Non ci sono le tipiche deformazioni che avvengono riportando un corpo in tre
dimensioni su un telo che ha ovviamente solo due dimensioni (larghezza e
lunghezza). Chiunque può sperimentare questo effetto posando un telo sul
proprio viso già coperto da un colorante: la colorazione si trasferisce dal
viso al telo riproducendo un viso deformato, molto più largo di quanto lo sia
in realtà. Si tratta di una deformazione geometrica nota come “effetto maschera
di Agamennone”. La mancanza di immagini dei fianchi e le perfette proporzioni
del corpo e del viso stanno a significare che la Sindone non era avvolta a
stretto contatto intorno al corpo, ma piuttosto posata sopra e sotto il corpo.
Nonostante la mancanza di stretto contatto tra telo e corpo, l’immagine
dell’uomo della Sindone è presente in alcune zone che non potevano essere a
diretto contatto con il corpo (sotto la punta del naso, sotto il mento,
immediatamente sopra e sotto le mani incrociate, etc.). Tutte queste
considerazioni suggeriscono che l’immagine NON si è formata a causa del
contatto tra corpo e tessuto. Bisogna quindi cercare un meccanismo di
formazione di immagine che agisca a distanza. Una volta scartata l’ipotesi dei
vapori, che non possono riprodurre il dettaglio dell’immagine sindonica, rimane
l’ipotesi radiativa, ovvero una forma di energia (fotoni) che si propaga dalla
sorgente al telo e si attenua gradualmente con la distanza percorsa, in modo da
riprodurre la sfumatura dell’immagine che contiene informazioni
tridimensionali. In linea di principio, l’ipotesi radiativa permette di soddisfare
tutte le condizioni a contorno poste dalle particolarissime caratteristiche
chimico-fisiche dell’immagine sindonica.
Quali i dati per affermare che la scienza non è in grado di spiegare
come si sia formata l’immagine?
Si tratta di una mera constatazione. Ad oggi, nonostante le centinaia
di tentativi effettuati con le tecnologie più diverse, nessuno è riuscito ad
ottenere una colorazione simile a quella sindonica a livello microscopico. Non
ci riusciamo appieno con le più potenti sorgenti di luce disponibili, i laser,
né con metodi di strinatura e riscaldamento, a maggior ragione non ci si riesce
nei moderni e attrezzati laboratori che utilizzano metodi chimici a contatto.
In generale, le tecniche cosiddette radiative, che coinvolgono luce
ultravioletta (laser eccimero, scarica corona) ottengono la colorazione che più
si avvicina a quella sindonica, sia in termini di spessore di colorazione sub
micrometrico, sia di colore RGB, sia di alternanza di fibrille colorate e non. Ma
rimane il mistero di come sia stato possibile emettere una quantità di
radiazione avente una potenza talmente elevata da consentire la colorazione di
circa 1,7 metri quadri di tessuto, corrispondenti alla superficie corporea di
un uomo di medie dimensioni. La Scienza non è attualmente in grado di
rispondere a questa domanda.
Che ruolo può avere la fede nell’indagine?
A parer mio, la fede NON deve avere nessun ruolo nell’indagine
scientifica. Lo scienziato, per ottenere risultati credibili e validi, deve
spogliarsi di qualunque condizionamento, sia esterno che interiore, e affidarsi
al proprio talento e know-how per analizzare con animo sereno e privo di
pregiudizi le risultanze degli esperimenti. In fondo, questo è quanto auspicava
Giovanni Paolo II quando disse a tale proposito che “la Chiesa esorta ad
affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per
scontati risultati che tali non sono; invita ad agire con libertà interiore e
premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilità dei
credenti”. Abbiamo già visto, purtroppo, diversi casi di annunci di risultati e
scoperte scientifiche riguardo la Sindone fatti in buona fede ma che ad un
esame più attento si sono rivelati errati o sopravvalutati, frutto a volte di
uno scetticismo aprioristico, a volte di una fede altrettanto aprioristica che
ha “spinto” inconsapevolmente gli autori a privilegiare una interpretazione
piuttosto che un’altra, senza una analisi sufficientemente oggettiva.
Quali prospettive di studio per il futuro?
I nostri esperimenti hanno raggiunto un importante risultato: abbiamo
individuato una catena di reazioni fotochimiche (cioè reazioni chimiche
innescate da radiazione) che possono aver generato la colorazione sindonica.
Per andare avanti sono necessari investimenti per l’acquisizione di sofisticate
strumentazioni adatte a migliorare la comprensione dei dettagli fisici e
chimici dell’interazione luce-lino. Più in generale, le prospettive degli studi
sulla Sindone non dipendono dagli Scienziati, perché fare misure o elaborare
teorie su un oggetto non a disposizione non è facile e non può portare molto
lontano. Piuttosto, le prospettive dipendono dai Custodi della Sindone, e dalla
volontà di riaprire una stagione di misure analoga a quanto si fece nel 1978.
Oggi la tecnologia mette a disposizione strumenti di misura assai più accurati
di quelli utilizzati dallo STURP, e le competenze fisiche, chimiche e di
medicina forense al massimo livello, necessarie per ottenere risultati validi,
non mancano, né in Italia né all’estero. A questo proposito, mi torna alla
mente una intervista concessa dal Cardinale Ballestrero nel 1997 quando disse
che tra biblisti, storici e scienziati, solo questi ultimi sono in maggioranza
autenticisti, aggiungendo “…questa cosa è un po’ paradossale perché di solito
la scienza nega tutto, sul tema delle reliquie, poi… La ragione è che tutte le
analisi fatte per dare una spiegazione scientifica all’origine dell’immagine
non stanno in piedi. L’immagine c’è e nessuno riesce a dire come sia stata
fatta”.
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